T.H. Rosenfield

Una piacevole sorpresa arrivare un sabato mattina al Golf Club I Girasoli per un golfista abituato al proprio circolo “tradizionale” e a viaggiare in Italia ed all’estero per provare nuovi percorsi. All’arrivo si nota subito l’antico cascinale in mattoni con le vecchie porte delle scuderie e dei box dei cavalli che ricordano il centro di turismo equestre che occupava la struttura.
Il proprietario organizzava viaggi a cavallo, in tutto il mondo, e vi sono ancora alcuni Paddocks occupati da due cavalli ormai in pensione.

Noto sui tetti molti camini dai quali esce il caratteristico fumo di legno e scoprirò che molti degli ambienti sono riscaldati con la legna dell’azienda agricola, famosa nella zona per l’impegno energetico e per il primo impianto a biogas della regione, realizzato negli anni 80. A breve la costruzione di un albergo ecologico con 1000 metri di Fotovoltaico. Alla Reception uno Staff di tre signorine gentilissime vi accolgono con un sorriso così radioso e con un calore da sentirvi subito a vostro agio come se foste un ospite abituale mentre un Direttore serissimo vi chiede da quale circolo provenite.

Si nota subito l’ambiente casual e direi un pò scanzonato del personale e dei giocatori che continuano ad arrivare: jeans, capelli lunghi, teeshirt logati (Tiger Wood insegna) ma, direi, tutti con un look molto giovane, sano e sportivo. Sono subito colpito dal gran numero di giovani che in attesa del pranzo, a bordo piscina commentano i nuovi lavori in campo, un percorso in continua evoluzione per accontentare tutti i giocatori, come scoprirò in seguito. Mentre una signorina della reception mi accompagna in camera, vedo arrivare dai campi un cavallo sellato all’americana dal quale scende un personaggio che mi colpirà. “Il nostro Presidente” mi dice subito la signorina che me lo presenta.

M’invita subito, appena posate sacche e bagagli a fare un giro con lui, non a cavallo ma in car, per presentarmi il suo campo. La mia accompagnatrice mi dirà poi che, quando è in sede, è sempre così disponibile con gli ospiti ed i giocatori che vengono per la prima volta e non conoscono la struttura. In bacheca vi sono appuntate molte lettere di ospiti stranieri ed italiani che ringraziano per la calda accoglienza ed ospitalità ricevuta. L’appuntamento è subito dopo pranzo e sono molto curioso di questo personaggio di 70 anni che ne dimostra almeno 10 di meno, che viaggia in Harley Davidson e che ho visto, nonostante i suoi 100 chili, scendere con disinvoltura da cavallo con giubbotto, pantaloni Jeans e Camperos e con il classico Lethermann alla cintura. Capirò molte cose quando conoscerò la mamma 92enne che passeggia per la campagna insieme ad una accompagnatrice. Scoprirò un attrezzatissimo ambulatorio medico ed una palestra con una esperta ed affascinante Operatrice Shiatzu.
Al ristorante, una classica trattoria di campagna, ricavata da un vecchio granaio, dal soffitto in legno, pavimento in pietra, con un bancone da birreria, vecchi fucili alle pareti, sedie e vecchie tavole in legno, trovo oltre ad una fornitissima cantina di vini, un ricchissimo buffet di almeno 20 antipasti intorno al quale ruotano, per servirsi, e qui un’altra sorpresa, tanti ospiti stranieri provenienti dalla vicina Francia, dalla Germania, Svizzera, paesi Scandinavi, ospiti che sembrano conoscersi e un’altra scoperta sarà sapere che si tratta di ospiti abituali che ogni anno ritornano in questa struttura.

Quando ordino una maxi insalata il cameriere mi dice di avere pazienza per qualche minuto: “è finita mi dice”, ma manda subito qualcuno a raccoglierla e scopro, accanto al ristorante un orto (“biologico” per volere del Presidente) con insalate varie, pomodori sotto la serra ed altre verdure tutte usate dal ristorante. Scoprirò che posso fumarmi il mio sigaro nella piccola “sala fumatori” perfettamente attrezzata. Ho appena finito il mio caffè quando il “Prof ” (questo è il soprannome del Presidente per la sua precedente attività di Chirurgo-Professore universitario), mi viene a prelevare, mi carica insieme alla mia compagna su un car a cinque posti per un giro turistico su un campo che per me sarà una vera e piacevole sorpresa.
Passiamo davanti ai paddocks dei cavalli, accanto ai quali vi è la parte agricola del centro, con tanto di pollaio, conigliera etc. e finalmente arriviamo al Campo Pratica, localizzato sulla diga di un lago dall’alto della quale le palline si vedono volare lontane sino ad oltre 250 metri verso le cime già coperte di neve delle Alpi che si stagliano all’orizzonte. Venti postazioni tra aperto e scoperto, con altre 15, in previsione, al coperto sul prato sottostante.

Il Percorso: 18 buche Par 71 con 5 par 5 e con par 4 da 400 metri. Il primo par 5 è la buca 1 (denominata “La Pista” dalla pista di atterraggio che vi era quando sopra vi atterravano e decollavano gli aerei del Club Piemontese Ultraleggeri). Si parte da un tee circondato da margherite accanto al vecchio Hangar trasformato nell’alloggio personale. Si nota subito la differenza da altri campi come il mio. Il rough è un vero prato naturale, con tutte le erbe di questa regione, una vera accozzaglia d’essenze diverse una dall’altra, ma ben rasato all’altezza giusta. Il Fairway e un mosaico di varie tonalità di verdi appartenenti alle diverse erbe, mosaico che farebbe storcere il naso agli amanti del colore unico che caratterizza i percorsi VIP ma che qui è apprezzato, proprio per queste caratteristiche, dai frequentatori, specie stranieri che qui ricercano la natura non inquinata dove corrono conigli, lepri, fagiani, decine di gallinelle d’acqua, aironi e germani.
Il Prof. mi racconta, con malcelato orgoglio, come le sue socie finiscono la giornata di gioco raccogliendo nel Rough la Cicoria di girasole (tarassaco) per farne poi, a casa, gustose insalate. Più tardi mi farà vedere delle foto dove, nella giornata di chiusura del campo, il circolo durante l’estate, ospita decine di bambini del più grande asilo privato di Torino di proprietà di un socio, bambini che, nei loro piccoli costumi, si rotolano nei fairway sotto i getti degli irrigatori del campo insieme alle loro maestre.

Cose inaudite direbbero i “benpensanti del golf “ma realizzabili solo sul percorso del Girasoli esente da prodotti tossici. Mi accorgo che stiamo costeggiando una vigna, che divide la buca 13 dalla 14 e vengo a sapere che l’Azienda agricola produce un ottimo Rosato biologico, il Roseis, costituito da uve di Nebiolo ed Arneis, vino molto gettonato al ristorante specie dagli ospiti stranieri.
Il Presidente mi spiega come non sia stato fatto alcun movimento terra nella costruzione del Campo, visto la naturale configurazione del terreno collinare della regione, il Roero, patria dei migliori vini piemontesi. “Il campo è stato disegnato dal miglior architetto del mondo” aggiunge “la Natura, con l’aiuto e l’opera di Piero Bruno realizzatore di tanti campi italiani che ha provveduto allo shaping delle buche”. “Ho fatto come i giapponesi con le automobili”, mi racconta, “giocando in tantissimi campi americani, specie alcuni realizzati da Trent Jones, ho fotografato molte buche che si adattavano al mio terreno e le ho copiate tali e quali”.

E’ un sabato ed il campo è abbastanza affollato, passando accanto a vari gruppi di giocatori sono sorpreso di sentire parlare molte lingue come capita d’ordinario nei golf localizzati in zone turistiche. Noto che la maggior parte dei giocatori va a piedi. “Le olimpiadi invernali”, mi diranno, “hanno fatto conoscere Torino ed il Piemonte in tutto il mondo e gli stranieri, tramite Internet, hanno scoperto la realtà dei più bei campi da golf italiani”. Più di cento piante da frutta (mele, pere, pesche, albicocche, susine, ciliegie, nocciole e noci), oltre a varie fontanelle, localizzate in zone strategiche, nel tratto tra green e tee, sono a disposizione dei giocatori per dissetarsi e rinfrancarsi.
Ho una sorpresa alla buca 7, un par 5 con 2 green, uno da campionato, usato per le gare, circondato dall’acqua. L’altro più facile, senza ostacoli, riservato ai giocatori principianti , ma soprattutto a quelli che non vogliono perdere le palline. Il Presidente mi dice che ha intenzione di ripetere questa iniziativa per un’altra buca, un par 4 particolarmente difficile, in modo da accontentare sempre di più i giocatori, dai più esperti ai neofiti e sopperire in parte alle molte difficoltà tecniche del percorso caratterizzato da green bellissimi ma piccoli, da fairway non particolarmente ampi e delimitati da moltissime piante e da tanti ostacoli d’acqua. Alla fine del giro, ma soprattutto giocando, mi renderò conto che non vi è una buca uguale all’altra. Tutte presentano delle caratteristiche particolari che le differenziano per difficoltà, per il paesaggio e per il terreno e dove si rendono indispensabili, per un buon gioco, tutti i ferri della sacca.
Dal percorso dei Girasoli si vedono le bellissime buche dell’attiguo Golf Club La Margherita, sempre fondato dal Prof nel lontano 1987 (circolo tradizionale gestito dai soci azionisti). Visitandolo ammiro gli ampi Fairway di un verde perfetto ed uniforme, l’estrema cura nei particolari, nella segnaletica, l’eleganza dell’abbigliamento dei giocatori e della loro Club House che l’hanno fatto classificare tra i primi 20 campi d’Italia e sede di importanti manifestazioni internazionali. Il Prof mi comunica come fra i due Circoli vi sia uno scambio di giornate di gioco per i reciproci soci e come I Girasoli siano gemellati con altri 10 campi a 18 buche sparsi in tutta Italia dove i soci possono giocare gratuitamente tutto l’anno.
Alla sera al ristorante, gestito da uno staff di giovani tra i 20 ed i 30 anni , mi chiedono se vogliamo stare in un tavolo da soli o inseriti in una tavolata di stranieri e, alla mia scelta, mi trovo, con mia moglie, circondato da golfisti svizzeri che dalle loro parole capisco essere ospiti abituali dell’Agriturismo e del Golf.
Sono quasi tutti del Circolo di Sion e vengono almeno due volte all’anno per 3-4 giorni di gioco, conquistati, mi dicono, dall’ospitalità del posto, in particolar modo dalla cucina e dal percorso ecologico completamente diverso dai soliti, particolarmente impegnativo ma “molto divertente”. Quando accenno a molti altri percorsi particolarmente famosi della regione degni di una visita, la “Captain” del gruppo mi raffredda subito con una frase che non dimenticherò: “We don’t like manicured golf courses”.

Una bella e confortevole suite con camino e salotto dalle vecchie piastrelle in terracotta piemontese ci accoglie per una lunga notte di sonno profondo come non mai. Il giorno dopo Francesco, il figlio del Prof, mi racconterà la storia del meteorite caduto a metà dell’ottocento a cento metri dal cascinale, creando un particolare campo magnetico nella zona che sembra influire positivamente sul sonno di tutti gli ospiti.
Sarà vero o frutto dell’ottima cucina piemontese e dell’abbondante Roseis bevuto la sera prima?